top of page

Paolo Scirpa

 

Visual artist

Come ti collochi nel panorama dell’arte contemporanea e che tipo di artista sei?

Mi considero un artista visivo che opera nel campo della ricerca dello spazio-luce, utilizzando i mezzi che la tecnologia mi offre e realizzando non solo opere tridimensionali, che io chiamo ludoscopi ma anche bidimensionali. In effetti non ho mai abbandonato la pittura e continuo a dipingere opere che sembrano di fatto i “ritratti “pittorici e luministici dei miei ludoscopi.

 

Due nomi del passato e due nomi del presente di artisti che ti hanno ispirato ed influenzato…e perché?

Umberto Boccioni e i Futuristi mi hanno affascinato. Nel Manifesto tecnico della scultura futurista egli aveva teorizzato la possibilità di impiego della luce elettrica nell’opera d’arte. Poi Lucio Fontana con il suo spazialismo. Già negli anni ’50 realizzò la Struttura al neon che volteggia ora nello spazio del Museo del Novecento di Milano che si affaccia su piazza del Duomo. Egli fu il primo in Italia ad aver usato il neon nell’arte . Infine Bruno Munari per la sua concezione didattica e il senso ludico.

Per il presente, nessun artista in particolare mi ha influenzato, ma nello stesso tempo tantissimi artisti mi hanno interessato, potendo cogliere in ciascuno di essi nuovi segni di interpretazione, ma trasformandoli nel mio sentire.

 

Raccontaci il fascino di un oggetto recuperato che diventa arte ...

L’insegnamento di Marcel Duchamp ci fa scoprire il fascino del ready made. Perciò si guardano anche gli oggetti di scarto con una carica diversa da ciò che appare. Un’esperienza più che decennale la mia è il riuso di scatole di varie dimensioni con le quali ho realizzato varie installazioni tra le quali La Megalopoli consumistica nel 1972, un’opera singolare incentrata sull’assemblaggio di contenitori a perdere, drammatica denuncia del consumismo e della crisi dei valori umani. Più avanti, negli anni Duemila, ho realizzato il Grande Tabellone consumistico 1992/2002, installazione di un grande muro bifrontale con spiragli luminosi tra un elemento e l’altro, senza parlare poi della Galera del benessere, 1994/1998 un globo terracqueo, ricoperto da citazioni consumistiche, etichette, confezioni… e chiuso in una gabbia di ferro. Mi affascina anche il riutilizzo di materiali vari in plastica, in legno, in ferro ecc, che vengono magari abbandonati e dei quali colgo la possibilità di trasformazione in un’altra cosa con un valore aggiunto.

 

Uno dei tuoi mezzi espressivi è l’installazione artistica, parlaci di questa tua ricerca …

Delle installazioni consumistiche ho già parlato. I ludoscopi sono stati installati in chiese, al soffitto, a parete, in case private. Ė vivo in me l’interesse per la relazione tra opera e ambiente, su scala architettonica e urbana per la qualità fisica della luce. Per tanti anni ho realizzato dei Progetti d’intervento creando delle prospettive senza fine, delle illusioni ottiche, inserendo, in una scala che in realtà sarebbe gigantesca, le mie strutture linguistiche di luce al neon, le geometrie sprofondanti dei miei triangoli, quadrati, cerchi in ambienti preesistenti, luoghi a me cari, paesaggi urbani e naturali, in monumenti, in siti archeologici, piazze famose ecc. L’illusione ottica è data dal rigore geometrico del mio linguaggio proiettato sulla luce del neon, dalla linearità delle strutture e dall’effetto di prospettiva corrispondente

 

La luce e la sua assenza sono elementi che definiscono il tuo attuale lavoro artistico… raccontaci ...

La luce e il buio. La luce è certamente protagonista nei Ludoscopi, buchi verso l’ignoto, essi sono come perforazioni dello spazio ottico. “La voragine è una sottrazione dal pieno-luce o è un pieno-luce che sottrae vuoto-buio e lo definisce, lo circoscrive, lo fa essere?” (Corrado Maltese, 1976). La scelta di usare come strumento il tubo al neon appare per me naturale per rispondere all’esigenza interiore di una ricerca sulla luce che è elemento unificante della realtà. Il neon è un medium fondamentale della mia ricerca spazialistica. Il tubo di vetro ripiegato diventa elemento scultoreo, luminoso, concettuale.

 

Non considerando per un attimo le libere scelte di tutti coloro che osservano le tue opere…cosa c’è dietro “la tua luce nel pozzo”?

Sia nella pittura che imita la luce, sia con la luce generata dallo strumento luminoso del gas surriscaldato che è la luce vera, fisica più tecnologica vorrei rappresentare la luce “ideale”, l’idea dell’infinito. L’infinito nello spazio simulato è un’idea che ha nutrito a lungo i miei pensieri e la mia dimensione interiore.

 

Ipotizzando l’assenza di limitazioni…in un mondo senza schemi, che opera realizzeresti e perché?

Ho realizzato nel 2009 due opere scultoree con tecniche computerizzate, Il teatro e il suo doppio, l’una in marmo bianco di Carrara, l’altra in legno bianco laccato. Esse sono ispirate alla classicità geometrica del teatro greco, ma divengono opere autonome, perché la loro monumentalità circolare è data da una ipotetica funzionalità interna ed esterna. Il mio desiderio sarebbe quello di realizzare un vero intervento con semi-cerchi di tubi al neon sulla scalea del teatro greco della natia Siracusa, quel teatro che ho visto e vissuto e che ha lasciato in me come un imprinting indelebile. Già nel 1988 ne ho realizzato il progetto che poi ho rielaborato in scala Ø 10 metri nel 2003. Ė di prossima realizzazione il Monumento al consumismo di 6 metri di altezza e rimangono sempre attuali i miei progetti degli anni Settanta da realizzare sui siti archeologici di Siracusa.

 

Pregi e difetti dell’arte contemporanea oggi in Italia.

La ricerca che porta all’innovazione è sempre importante. Ritengo un difetto invece la realizzazione del già fatto e che è fuori dalla propria personalità individuale.

 

Quale credi sia il ruolo dell’artista contemporaneo?

Condivido quanto il critico Rossana Bossaglia disse nel 1990 presentando una mia mostra ad Arte Struktura a Milano. “…l’opera di Scirpa tanto più sembra regolata da un numero e da certe convenzioni squisitamente geometriche (legate alla cultura di un geomètra per dirla alla dantesca), tanto più ci rivela la ricchezza della fantasia dell’artista e la sua volontà di indagare nel mistero. L’artista è sempre profeta del mistero, ma tanto più quando sembra che usi dei mezzi di estrema chiarezza, l’eccesso di lucidità è sempre l’eccesso di buio; insomma più l’artista getta fasci di luce più questa luce tocca un buio insondabile nel quale noi lo seguiamo a fiato sospeso: perché il suo ruolo è quello del profeta, il nostro è quello di ascoltare con ansia, con stupore e anche, s’intende, con gratificazione estetica, le profezie.”


Cosa consiglieresti ad un giovane artista considerando il tuo ruolo e la tua esperienza all’interno del mondo dell’arte?

Spero che si scoraggino i fenomeni di epigoni e mi auguro che con la necessaria informazione e con senso etico le nuove generazioni di artisti crescano per vie sempre più inedite ed originali, a testimoniare il proprio tempo rispettose di quanto già esiste.

 

© Annarita Borrelli

bottom of page