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Arte - Marco Veronese - “C’è un momento in cui pescatore e pesce sono schiavi l’uno dell’altro, quan



“I pescatori conoscono i pericoli delle profondità del mare, ma non hanno mai ritrovato in questi pericoli una ragione sufficiente per restare a riva”. Chi esercita un potere vive l’equivoco ed il paradosso di un antico gioco di ruoli che oscilla tra apparenze e perversioni psicologiche; chi esercita un potere ribolle per mano dell’esaltazione degli stati emotivi derivanti dal rapporto di dipendenza che si instaura tra se stesso e l’indispensabilità dello stato perenne di bisogno di esercizio del potere stesso. Paradossalmente, quindi, il predatore diviene vittima dello stato di dominio che nasce dall’esercizio del potere, vittima della propria adrenalina e della preda che, in ogni caso, continua a vivere inconsapevole e mai in attesa della morte per mano della forza. L’opera di Marco Veronese riproduce, sin dal titolo, l’antica trama di queste relazioni. Una storia di spinta egemonica come di reiterazione dell’esistenza e della sua ragione sociologica su una distesa di foglie d’oro, come se esistesse un podio morale per ogni aspetto profondo della vita e della morte. Cuori pulsanti e le loro scie su un prezioso manto d’acqua … Tutto si riflette e si ripete, tutto ci domina e poi perde e si disperde. Marco Veronese contamina la lettura dell’opera attraverso la provocazione di chi non definisce lo spazio ed il tempo dell’azione predatoria; tutto è innumerevole, tutto è nulla … “nessuno sa” quanto possa durare l’attimo in cui pescatore e pesce si abbandonano alla coscienza di un vittimismo reciproco … eppure tutti conoscono il sapore del sangue versato a beneficio del cammino verso il proprio podio. Ma la coscienza è anzitutto tetica, intenzionale, posizionale, cioè è sempre "coscienza di qualcosa", e questo "qualcosa" non coincide mai con la coscienza stessa. Vittoria, sconfitta, sopravvivenza, dipendenza … l’immagine si duplica e si duplicherebbe innumerevoli volte, per quanto spazio e tempo possa contemplare l’universo infinito. Un predatore vive sempre e nel sempre come nel nulla, in funzione di un rapporto reale o probabile con la preda. Siamo pescatori come pesci, vincitori come perdenti, cuori che battono come ombre nere di sangue versato … prediamo per salvarci su una scena casuale ed ampia … prediamo per nasconderci, preghiamo in silenzio per occultare le debolezze … siamo vittime del nostro esercizio di potere, siamo audaci martiri degli alibi e del nostro stesso gioco di tensioni. Questa è la grammatica di un’opera che assume senso oltre la propria dimensione spazio – tempo … un’opera che vive di poesia nella sfera dell’altrove, dove nulla si osserva od occhio nudo e nulla è scritto sulla pietra.


di Annarita Borrelli

Fotografia di Maurizio Geraci

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