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Musica - Alex Munzone


Alex Munzone presenta il suo nuovo progetto musicale "KU KLUX KADEAU IN OPERA".


Alex Munzone e la musica

Tutto nacque da un trauma avuto a circa 9 anni quando rimasi scioccato dalla sigla del cartone animato “Bem il mostro umano” cantata da Nico Fidenco, intuì, con i limiti di un adolescente, che la musica poteva essere una fonte generatrice di inquietudini e fobie e non soltanto decorazione e colonna sonora accompagnatrice di un qualsiasi evento quotidiano. In quella sigla inoltre mi coinvolse il primo fotogramma psichedelico con la scritta “Bem” ed il montaggio allucinato e terrificante con il susseguirsi senza sosta degli sketch. A parte la struttura armonica, la scrittura e la base musicale dalle mille sfumature, lo strumento che nella sigla gestisce e riorganizza l’ansia dello spettatore è la batteria. Fu lì a mia memoria che decisi per la prima volta di studiarla ed ebbi la possibilità di farlo grazie al fatto che mio fratello la suonava già da tempo. Iniziai con lui e a distanza di qualche anno seguii un corso specifico. Ma sono estremamente convinto che l’abbondanza della tecnica è il male assoluto dell’espressione dell’uomo, soprattutto quando si tramuta in apparato e non più in mezzo. Avere un sovraccarico di possibilità tecniche ti fa perdere di vista la creatività perché hai già il pranzo apparecchiato; è come se qualcuno ti facesse trovare la pasta calda e perfettamente cucinata sul piatto, succede che tu non ti muovi più e non sai come la si cucina. A mio parere la soluzione è avere un’infarinatura e magari approfondire, ma non troppo, gli aspetti che possono interessare di più, ma poi assolutamente devi avere la capacità di dimenticare “la scuola” ed iniziare a stimolare l’intuizione attraverso l’errore.


Alex Munzone e l’arte

E’ un processo che ho sempre vissuto come necessità, molti sono bravi con le parole, con le argomentazioni, io ho sempre avuto molta più dimestichezza con altri linguaggi, una grammatica diversa forse più vicina all’istintività che alla ragione, anche se nell’effettivo anche la produzione vocale, fonetica della comunicazione può assimilarsi e presentarsi come atto artistico. Resta il fatto che ancora oggi non ho ben compreso cosa sia il concetto dell’arte, forse perché nel momento in cui lo contestualizzi e gli dai una sede razionale compiuta perde la sua valenza patologica...ecco forse l’arte è un insieme di patologie accompagnate dall’errore che si possono propagare attraverso le proprie necessità; dalla pittura più classica, all’installazione ipertecnologica massificata con rintocchi di note sincopate.


Parlaci del tuo nuovo progetto musicale

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura e mi resi conto che con il progetto storico dei Diane and the shell, band che cofondai nel 1997 e con la quale incisi 3 dischi (il quarto sarà presto in uscita), c’era un profondo ancoraggio nell’irrealtà della musica, una sorta di visione surreale fatta di trame matematiche e ritmi incessanti che ammetto mi hanno sempre dato un’enorme soddisfazione e che continua, ancora oggi, a comunicarmi una forte tensione creativa.

Ma si viveva e si vive nel sogno, nel mondo della potenza delle nuvole, avevo quindi necessità di mettermi in gioco con qualcosa che potesse rilevare la realtà e darmi la possibilità di scendere agli inferi. Dopo una gestazione di circa 28 giorni, dove iniziai a registrare qualsiasi suono, rumore che mi venisse in mente percuotendo bottiglie, libri e strimpellando una chitarra acustica semi scassata con sole 4 corde. Iniziai a scrivere dei testi e li cantai sovraincidendoli a delle basi di piano, flauto e violoncello che avevo precedentemente suonato su comuni piattaforme di strumenti virtuali on line e registrato sul mio portatile. Il melting pot mi piacque e mi resi conto che se fosse stato strutturato poteva presentarsi come un album. Ma mi spinsi oltre sperando nell’errore, concependolo come una sorta di opera teatrale suddivisa in tre atti, dove il filo conduttore è la narrazione delle esperienze di un uomo (il protagonista), che attraverso il buco della serratura di un’immaginaria porta blindata, spia ed osserva prendendone appunti su un taccuino virtuale, le molteplici caratteristiche di alcuni esseri umani costipati dentro una grande stanza senza finestre. Ne comprenderà le energie, le profonde paure e la rovinosa ed inevitabile autodistruzione, sorte riservata anche alla sua esistenza. Il titolo del disco “KU KLUX KADEAU IN OPERA” è un gioco di parole che riassume le forti tinte d’intolleranza (riferimento all’organizzazione Ku Klux Klan) di cui è pervaso l’atteggiamento quotidiano dell’umanità che ne elargisce i contenuti con la stessa gioiosa frenesia con la quale concederebbe un regalo (regalo in francese si dice Cadeau). Il disco è prodotto e missato da me e Giuseppe Schillaci (bassista dei Diane and the shell) nell’Home studio di Catania. Il progetto è supportato dall’etichetta catanese Doremillaro (sb) Recs che appoggia le follie e le irrequietezze dei propri artisti. La realizzazione, La produzione, la diffusione dei video-promo e delle immagini è ad opera dell’Artsletter Comunication di Catania e la divulgazione del progetto è sostenuta dalla Blackpoispromotions.

Un ringraziamento va al poeta Marco Scarpulla che ha scritto il testo per “Strati di Terra” e ad Ornella Borgh per il sostegno morale profuso.

L’uscita dell’album è prevista per Gennaio 2017.


Vivi e lavori a Catania. Cosa pensi di questa realtà musicale/artistica?

Catania è una città devastata soprattutto dal punto di vista socio-politico, il degrado è stratificato e si dirama su diversi orizzonti ed ha un solo nome “Sicurezza”. Tutti la vogliono, tutti la cercano, ma non comprendono che è lo slogan dietro il quale si cela l’impossibilità ed il coraggio di sbagliare. Io sono estremamente convinto che gli unici riferimenti creativi che possano in un certo senso interessare e coinvolgere l’uomo siano la casualità e l’errore. La vita si è generata da una molteplicità di casualità e l’umanità si è protratta in una qualche forma evolutiva solo ed unicamente grazie ai propri errori e alla presa di coscienza degli stessi. In sintesi penso che non esista davvero un periodo migliore sia per Catania che per l’Italia. Questa città è talmente oppressa dalla violenza sistemica di questo superorganismo istituzionalizzato che già da qualche tempo si stanno propagando, come anticorpi efficaci, delle realtà creative potentissime. Lo dico senza tener conto del fatto che la Doremillaro Recs stia supportando il mio lavoro, credimi, molti progetti prodotti da questa etichetta sono profondamente interessanti ed esistono certamente altri autori al di fuori, soprattutto giovani cantautori, che si stanno facendo strada a livello nazionale (e con i quali, con alcuni, collaboro).


Pensi che sia una città adatta per vivere d’arte?

Penso che sia una città ideale per imparare a sopravvivere a qualsiasi cosa, anche all’arte. Non vado ai concerti da molto tempo (solo rarissimi casi) e frequento poco le mostre, qualcuno pensa che siano atti di snobismo, non comprendendo o non conoscendo le vere ragioni: io penso che per quanto riguarda i concerti ci puoi andare per qualsiasi motivo, ma difficilmente puoi sentire davvero la musica, l’unico modo per comprenderla è nella tua stanza o al massimo sperare che in quel determinato concerto ci vada pochissima gente...ai concerti come ai vernissage delle mostre spesso ci si va solo per “esserci” e per parlare ed io ho sviluppato una ritenzione linguistica nel disquisire, ad esempio, di musica nei luoghi in cui viene esposta, in quello spazio vorrei solo sentire (anche dopo un bel po’ dal concerto), ma forse anche a causa della mia sordità in un orecchio ci riesco con difficoltà; si può sostenere un artista anche da casa comprando un suo disco, alcuni suoi brani o finanziarne con il crowdfunding i progetti on line e se lo si conosce perché è amico tuo è bello andarsi a prendere una birra a distanza di giorni dal suo concerto.


di Salvatore Cammilleri



Link sito personale:


Link video promo del progetto:

KU KLUX KADEAU IN OPERA

Composizione, esecuzione, arrangiamenti, testi e registrazione: Alex Munzone

La registrazione delle voci e l’esecuzione del synth: Giuseppe Schillaci

Prodotto da: Alex Munzone e Giuseppe Schillaci

Missato da: Alex Munzone e Giuseppe Schillaci

Masterizzato da: Giuseppe Schillaci (Home studio ), Catania

Testo in “Strati di terra”: Marco Scarpulla

Etichetta: Doremillaro (sb) Recs

Produzione del materiale divulgativo: Artsletter Comunication

Ufficio stampa: Blackpoispromotions

Anno di pubblicazione: 2017

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