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Puppies Puppies  Barriers (Stanchions)



Puppies Puppies

Barriers (Stanchions)

28 aprile – 27 maggio 2017

Inaugurazione 27 aprile 2017, ore 18.00

Via Ripense 6, Roma

info@t293.it


Puppies Puppies odia volare, ancora di più invecchiando. Non capisco perché. Mi dicono che ha a che fare con l’innaturalezza dell’esperienza, che gli esseri umani accettano solamente di essere rinchiusi dentro piccole scatole con poca aria, con altri sconosciuti e scossi a volte da violente agitazioni perché sono stati addestrati a comportarsi così da società brutali.

È vero, in un certo senso, ma so che odiano volare per altre ragioni. Anche la loro madre odia volare e, apparentemente, la cosa sta peggiorando man mano che avanza con l’età.


Penso che questo labirinto di barriere simboleggi la fila che si deve percorrere sbarcati dal volo e non prima dell’imbarco. Il sollievo di raggiungere casa è da qualche parte dietro ad uno di questi angoli, anche se si ha come la sensazione di non raggiungerla mai. Questa mostra non vuole attribuire un diverso fine all’oggetto. Non è un insieme di “barriere di nastri retrattili arrangiate a forma di labirinto”. Questi paletti creano sempre figure labirintiche. Un labirinto può essere un numero infinito di cose (un’arma, la mente, un romanzo confusionale che riecheggia il mondo) ma è sicuramente utilizzato come meccanismo per rallentare le persone che si muovono tra la sua entrata e la sua uscita. Non possiamo essere tutti interrogati sul motivo del nostro viaggio, quindi erriamo ed esploriamo finché non arriva il nostro turno perché i lati di una stanza non sono lunghi a sufficienza per tenerci vicini ad essi. È stato un volo orribile, ed anche se le mie gambe sono risparmiate dallo stare in piedi, lo zaino troppo pieno sta avvelenando le mie spalle e la mia schiena. Siamo ancora completamente incastrati nei corpi vicini di sconosciuti, schiacciati con loro come salme di piccoli pesci.


Non credo che la scritta in fondo alla galleria, che dice “For LGBT immigrants, deportation can be a death sentence” (“Per gli immigrati LGBT, la deportazione può essere sentenza di morte”), faccia di questo solamente la rappresentazione di una fila nel sistema di immigrazione. Credo che la parte importante sia il ritardo, il tempo che impieghiamo a raggiungere l’insegna.


Vedete, l’insegna mi ricorda che se ho viaggiato in certi posti nel mondo e ho espresso i miei più forti, sinceri sentimenti in pubblico, se l’eco distante delle mie emozioni più forti e vere potrebbe essere rivelato su di me come un odore, potrei essere incarcerato o torturato o ucciso. Persino scrivendo questo, la mia mente è ancora a una dozzina di giri distante dal confrontarsi con quella realtà. In Brasile, persone LGBTQ sono state assassinate oggi più che in passato, invertendo una reputazione liberalista di lunga data. Ho letto oggi che gli omosessuali subiscono torture in campi di concentramento in Cecenia, e che almeno tre di loro sono morti.

Non so nemmeno come esprimere quanto mi ferisca anche solo lo scrivere una cosa del genere, di sapere che in un posto che io posso raggiungere con l’aereo ci sono persone che hanno la stessa mia conoscenza segreta, e che sono ridotti a brandelli, proprio adesso, i loro corpi e le loro menti sono ridotti a brandelli dai villani più malvagi che io potrei mai concepire. Sta realmente capitando lì, proprio adesso – alcune persone che sono profondamente, profondamente come me, che capiscono alcuni aspetti fondamentali della mia vita meglio di persone che conosco da decenni, si stanno chiedendo come mai le loro famiglie li hanno abbandonati a questi campi per essere mutilati e morire da soli. Odio quelle famiglie e odio le torture e voglio soltanto strisciare sul mio stomaco lungo il paviment0, sotto i nastri, direttamente verso l’uscita della galleria e correre dall’Italia fino a casa, per sdraiarmi sul mio letto omosessuale con il mio coniuge omossessuale e il mio piccolo cane e contorcermi in una sfera di carne con la testa nel centro così che non importa con quanta forza io urlerò i vicini non saranno disturbati o invitati a scrutarci.


Penso che Puppies abbiano organizzato questo labirinto perché è troppo doloroso rendersi conto che il nostro governo, che il mondo, che la madre ed il padre di qualcuno possano permettere ad un’insegna così di esistere. Questa insegna non è una rappresentazione della sofferenza diretta delle persone LGBTQ, è l’evidenza diretta di essa. È una penna sul pavimento ed un piede sopra di essa, e il suono provocato dalla sua caduta sul pavimento. La gravità che ha attratto la penna verso il centro della terra è troppo grave per essere conosciuta direttamente. Non potete semplicemente camminare dritti verso l’orrenda crudeltà di una persona dovendo chiedersi della banalità dell’essere battuti con tubi e fulmini al fine di non perdere il loro senno, salvandoli pensando in cerchi proprio prima di essere uccisi. Il labirinto mi fa scivolare lentamente verso l’insegna, che mi fa scivolare lentamente verso la consapevolezza del più piccolo frammento di ciò che sta accadendo stasera nel mondo alle persone le quali sono sicuro amerei come amici. E forse i miei muscoli doloranti dal troppo pensare a quelle torture distanti come scrivo questo mi lascio scivolare lentamente verso il dolore di alcuni episodi violenti che sono accaduti nei prima anni di vita di una persona che io amo molto.


- Forrest

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