Indagine sull'ipotesi di un Nuovo Romanticismo
Conosco la necessità di disancorarci dagli antichi valori in quanto necessaria premessa alla possibilità di concepire il presente come valore in sé, eppure dinanzi al volto di questa contemporaneità cinica, figlia di Diogene, immatura per il salto “oltre uomo”, dal sapore caustico, ambigua e ancora paressiasta mentre proclama, pseudo francamente, tutto ciò che pensa mercanteggiando verità apparentemente oggettive, tuttavia derivate dai meccanismi della veridizione e dell’individualismo, preferisco l’idea di un nuovo autentico “Sturm und Drang”. Lo preferisco perché concede valore alle risposte che il mondo emotivo mette a disposizione dell’inconscio collettivo, piuttosto che dar credito ai punti di vista di una serie di innumerevoli professionisti che, in quanto tali, lavorano continuamente per appagare interessi e non la missione ultima dei valori morali. Lo preferisco perché voglio rispondere alla vita attraverso l’istinto per mezzo della ragione e non attraverso la ragione per mezzo dell’istinto. Lo preferisco perché temo che il cinismo contemporaneo sia frutto di processi sociali che rispondono alla domanda “Cui prodest?” e quindi scelgo l’interesse della passione, del richiamo, del trasporto, della condivisione … della partecipazione.
La storia contemporanea soffre, la cultura contemporanea soffre, l’uomo contemporaneo patisce le angosce del lato buio della globalizzazione; sopporta, si ammala, combatte, si cura, sopravvive … assurdamente ha deciso di aggredire questo dolore con le armi della ragione illuminista ricadendo, poi, nei peccati dell’indifferenza edonista ed individualista. L’antidoto contro questo universo di lacerazioni psico sociali credo non possa diluirsi nelle risposte di un limitato intelletto. La contemporaneità ha bisogno di un vaccino importante: slancio, trasporto, emozione, sentimento … sono da sempre status capaci di guardare negli occhi il dolore per superarlo affrontandolo. I tempi moderni sono tempi strani; anche chi vi è immerso, chi ci è nato tende a perdere la bussola, a lasciarsi travolgere. I tempi moderni solitamente non hanno tempo per pensare e la cultura diventa la principale vittima di questa macchina di impoverimento e deterioramento valoriale. Se il mondo fosse ai suoi albori avrei potuto biasimarlo, ma adesso siamo in una fase di putrefazione e non posso tollerarlo. Siamo forse diventati tutti illuministi logici vegani, crudisti, amanti del fast-food? Abbiamo, quindi, mi chiedo, riposto qualsivoglia desiderio di trascorrere del tempo in cucina per appassionarci e cuocere i nostri pasti? In verità, non può più bastare l’atto di disposizione estetica ed ordinata del nostro cibo ancora crudo nei piatti. Ancora e sempre si connota come necessario il nostro desiderio di esprimere l’esistenza attraverso i meccanismi del pathos, piuttosto che per mezzo della ragionevolezza e delle sue sventurate ricadute.
Vedo la cultura come un’isola che nuota, ormai, in un mare di guai. In questo odierno mondo costellato da un individualismo senza individui, rappresentato dalla massa sociale, su questo podio dedicato al dio mercato, l’essenza dell’uomo è ormai svilita e degradata. Ridotto alla mera logica dell’avere, della produzione e del consumo illimitati, l’uomo diventa essenzialmente consumatore e produttore ignaro di sé stesso, del senso della propria vita, della misura, del proprio destino, della verità. In quest’era della "dittatura del tempo sprecato" non si sa più in che cosa consista l’autentica ricchezza umana ed, al contempo, proprio agli artisti in senso ampio si conferiscono doti quasi sovrumane e profetiche, che fanno di loro "esploratori dell'invisibile' con poteri di intuizione superiori a quelli degli uomini cosiddetti comuni e della ragione logica.
Il concetto delle arti come intuizioni meta filosofiche rivelatorie dell’Assoluto, sempre più rappresenta l’eco della necessità di ritornare al senso di un’estetica romantica che sia creazione ed emozione. La cultura stessa non è un concetto astratto, piuttosto va creata, costruita, divulgata e condivisa. Questo è un processo impegnativo, a volte duro, scomodo, a volte esasperante, tuttavia nobile, doveroso, spesso inevitabile, un processo "umano" che è nel potere di tutti, a tutti i livelli, in tutti i contesti. Credo che le risposte pure risiedano nella chimica del corpus, in un focolaio di stati affettivi che ci toccano nell'equilibrio a fronte della vita, piuttosto che nelle macchinose convinzioni degli esperti addetti ai lavori che rispondono innegabilmente alle esigenze globali del cosiddetto sistema a cui, altrettanto innegabilmente, apparteniamo tutti. Sistemi internazionali, locali, macro sistemi, sotto sistemi, micro sistemi, architetture sistemiche, esigenze sistemiche etc. etc., fondamentalmente un ipotetico mondo astratto, un paradosso. Eppure, la prima caratteristica di questo nuovo motus, di questo ipotetico pensiero romanticamente inteso, sarebbe proprio la sua globalità, ovvero il suo porsi come ricerca di sintesi tra istinto e spirito, ragione e sentimento, forma e sostanza … tecnica e pathos.
Che globale non sia semplicemente un modo per etichettare la razza, dimenticando il potere della difesa e della valorizzazione del “soggetto” in quanto unica prospettiva che, antropologicamente, possa essere considerata in grado di risaltare il senso dell’umanità, della diversità e del colore come vittoria del “carattere” umano nella storia. L’Homo Humanus è in crisi. Questa crisi dell’umanesimo si risolve, probabilmente, attraverso l’acquisizione di un contatto sempre più profondo con i meccanismi virtuosi dell’essere, nella sua sostanza più pura e primordiale; il potenziamento delle energie derivate da questo legame da considerarsi come assoluto, potrebbe rappresentare la risposta primaria del soggetto dinanzi al tanto discusso dolore provocato dall'infrastruttura delle regole contestuali.
Questo rinnovato bisogno di liricità può trovare un canale di espressione proprio nelle arti. Le regole ci regolano, ma al contempo ci dimenticano. Per rispettare davvero le regole bisogna interpretarle e per farlo occorre operare delle modifiche dentro di sé, essere creativi, innovarsi nel pensiero, porsi in crisi rispetto alla logica ed al resto del mondo … occorre ricorrere alla vacuità delle regole inconsce e lasciarsi ancora meravigliare dall'esistenza come dalle arti, facendo della ragione un illuminato bagaglio di attrezzi per la conoscenza e l’ampliamento dell’essere. Senza provare l’emozione di questo schianto dinanzi alla vita, alle scelte, come dinanzi alle arti, resteremo produttori, distributori, consumatori dei nostri avanzi, opere d’arte senza anima, avvilite dalle regole della tecnica, dei datori di lavoro, dell’inconscio e del subconscio personali, di un maledetto machiavellico egoismo e individualismo sociale e culturale.
di Annarita Borrelli
Foto in copertina: Tim walker ,Tim Buton and Egon Schiele's work