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Intervistare l'arte - Franco Giletta



Franco Giletta…come diventa artista?

Fin da piccolino mi piaceva disegnare e colorare.

Ricordo ancora i primi disegni….una spinta innata, un’urgenza, una vera necessità fisica e psicologica e questa spinta inspiegabile sento che continua ancora a soffiare dentro….


Descriviti con tre aggettivi

Artenauta

Curioso

Sognatore eclettico


Descrivi la tua arte con tre aggettivi

Neoiconica

Visionaria

Apparentemente classica


Parlaci della tua tecnica pittorica…

Negli anni ho cercato di utilizzare le tecniche tradizionali abbinate all’azzardo nell’utilizzo di moderni materiali.

Per i disegni utilizzo svariati supporti, dai fogli di carta di varie tipologie fino alla tavola di legno.

Per i dipinti ho utilizzato le tradizionali tecniche della tempera all’uovo su tavola fino all’olio su tela e su tavola e all’utilizzo dell’acrilico.

Per sgomberare il campo da equivoci, la tecnica, a mio parere non deve essere un fine ma un mezzo per tentare di realizzare su uno spazio bidimensionale le visioni del cuore.

La tecnica fine a se stessa può diventare una trappola, una edonistica dimostrazione di bravura fine a se stessa.

Tutto inizia con un piccolo taccuino che porto sempre con me su cui annoto velocemente disegni, parole, pensieri quando mi viene un’ispirazione, un sogno lucido…poi passo a realizzare il disegno di quel sogno, di quell’idea, su carta, utilizzando pure modelli reali. Mi concentro spesso sui volti in primo piano, li vedo come la geografia fisica della nostra anima. Dopo alcuni bozzetti realizzo il disegno sulla tela o sulla tavola e poi lavoro ad olio per successive velature.


Parlaci della tua personale ricerca artistica…

La mia ricerca artistica è stata in buona parte condotta da libero autodidatta. Mi sono laureato in Giurisprudenza all’Università “La Sapienza” di Roma. Avevo vinto una borsa di studio al Collegio Universitario dei Cavalieri del Lavoro e così negli anni romani ho frequentato le sale dei musei e le gallerie della Capitale. Ho avuto la fortuna di conoscere alcuni dei protagonisti del ritorno alla pittura degli anni ottanta (da a Franco Piruca ad Alberto Abate, e i galleristi, da Plinio de Martiis ad Arnaldo Romani Brizzi) e della Transavanguardia. Ma la mia ispirazione è legata molto alla letteratura, alla musica (dalla classica al rock) e al mondo del cinema.

Penso che tutti i nostri disegni, i nostri dipinti siano già realizzati da qualche parte nel vento, nell’aria, sta a noi lasciarci rapire dalla creatività per riportarli qua sulla terra.


Quale è la tua visione del figurativo concettuale?

Credo che la più grande risorsa dell’arte sia quella di farci fermare e riflettere…si riflettere…proprio come uno specchio riflette la nostra immagine.

E così, fermandoci ad osservare ma anche ad “ascoltare” un dipinto, una scultura, una fotografia, un’installazione, un video, diventiamo partecipi anche noi del processo creativo dell’artista che, a mio parere, non deve mai essere totalmente consapevole del suo agire. C’è sempre uno spazio di indefinito, quel “non so che” che ci rapisce e trasforma l’opera da oggetto artigianale a Opus artistico.

La capacità di andare oltre, di essere oltre, di fare sentire l’Oltre in ogni cosa; in questo penso ci sia la prevalenza dell’idea e del concetto sotteso ad un’opera rispetto al suo risultato strettamente percettivo ed estetico.

Per parafrasare un simpatico testo di Jovanotti…”le opere d’arte” non devono essere belle, devono essere stelle, illuminare la notte, fare “sognare” la gente…

L’arte è veicolo, strumento per comunicare l’incomunicabile, per smuovere qualcosa che dorme dentro di noi, che ci costringe a fare i conti con le nostre emozioni più profonde. Compito dell’arte non è quello di tranquillizzarci, ma, al contrario, riattivare certe emozioni che giacciono latenti in noi. Come per il fenomeno della risonanza in musica e in fisica, per cui un’onda che si propaga fa vibrare allo stesso modo tutto ciò che incontra, così l’arte riesce a risvegliare e far vibrare le nostre corde più profonde. A volte basta un semplice concetto per iniziare un percorso mentale e spirituale, e in questo la figurazione presenta una chiave d’accesso semplificata, forse più immediata. La superficie artistica, come ci ricorda Pistoletto, si è fatta specchio. L’incantesimo succede quando ci riflettiamo nella sua magia immaginale…così l’arte non smetterà mai di farci “riflettere”…


Parlaci della tua visione figurativa e concettuale...

“La pittura è cosa mentale” diceva Leonardo.

Viviamo a tutti gli effetti nell’età del pluralismo stilistico.

In fondo l’arte ci fa capire attraverso le intuizioni del cuore ciò che la scienza dimostra attraverso la ragione.

Sono sempre stato affascinato dalla cultura simbolista che è derivazione diretta della cultura ermetica rinascimentale; Marsilio Ficino, fondatore dell’Accademia Neoplatonica, tradusse il Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto appena rinvenuto nel 1463 dal monaco Leonardo da Pistoia e da questi consegnato a Cosimo de’ Medici. Da quel momento, in qualche modo, la cultura figurativa occidentale ebbe un sussulto.

Credo che una delle prerogative dell’arte risieda nella sua capacità di alterare l’ordinaria percezione del tempo.

Gli stessi luoghi espositivi possono realizzare un cortocircuito empatico con le opere in essi esposti. Pensiamo a quante opere di arte concettuale trovano la collocazione ideale in spettacolari dimore storiche. Anche l’intelligenza dei privati può portare a questi felici esiti. Penso, per esempio, allo spazio espositivo “Etra Studio Tommasi” di Francesca Sacchi Tommasi a Firenze; nel luogo in cui Cellini fuse il bronzo del Perseo si susseguono esposizioni che vanno dalle opere figurative fino al più sofisticato design contemporaneo e poi ancora fotografia e musica. In Italia abbiamo la fortuna di vedere questi continui miracoli di totale empatia e continuità tra il passato ed il presente. Tutto sempre proiettato in un futuro prossimo. Come dice l’amico Oscar Farinetti “ricordiamoci il futuro”

Credo che la fruizione dell’arte debba essere necessariamente pop, nel senso etimologico del termine. Deve essere accessibile a tutti. Ecco perché mi piace avere delle opere esposte in luoghi aperti alla libera fruizione, come i volti di due icone del cinema italiano, Fellini e Sophia Loren, che ho realizzato per FICO Eataly World a Bologna.


Quali gli artisti che ti hanno cambiato la vita e perché?

Leonardo per l’eclettismo, la capacità di trasformare anche la scienza in arte.

Botticelli per il suo dono di ritrarre il mondo delle Idee per portarle sulla Terra.

Hopper, perchè ho sempre sentito un’affinità con le sue visioni americane anche se poi sono rimasto shoccato quando ho scoperto che sono nato nel giorno in cui lui è volato in cielo…

Hans Clemer, un cosiddetto minore del Rinascimento che andrebbe rivalutato a livello nazionale perché seppe coniugare la sua natura nordica, proveniva probabilmente dalle Fiandre, con la cultura classica del Rinascimento italiano; quando da piccolino vidi il suo capolavoro pieno di meraviglia pittorica metafisica conservato nel Museo Cavassa della mia Saluzzo decisi che sarei diventato pittore anche io.

Fellini perché ha riconosciuto la creatività anche degli emarginati e ha dipinto quadri con la cinepresa.

Nutro uno sconfinato amore tanto per l’arte del passato quanto per quella del presente. Ma è errato, a mio parere, pensare che chi realizza opere con riferimenti alla figurazione sia un passatista. Condivido le parole dell’amico Vittorio Sgarbi quando dice che tutta l’arte è contemporanea quando la osserviamo. Lei è li a ricambiarci quello sguardo, viva, più viva di noi….

Potrei raccontare vari aneddoti delle mia prime visite ai grandi musei per vedere le opere degli artisti preferiti…spinto da un furore interno mi aggiravo veloce tra le sale consapevole che non mi sarebbero bastate intere giornate per vedere tutto. Allora, preso da una sorta di necessità onnivora andavo a salutare i capolavori dei grandi artisti...immagazzinavo tutto…e poi per ore le opere mi si ripresentavano nella mente…una sorta di ruminazione di immagini….ogni tanto temo di averne fatto indigestione…


Cosa ne pensi delle collaborazioni tra artisti nel mondo dell’arte?

Credo che sia la nuova frontiera dell’arte contemporanea. Forse siamo passati attraverso un periodo di individualismo assoluto. Va superato in un’ottica di pluralismo. Pensiamo alla continuità delle collaborazioni di artisti dalle botteghe del Rinascimento fino alla factory warholiana. La musica in questo è anticipatrice…quante volte dalle collaborazioni tra musicisti e cantanti nascono autentici capolavori? Se osserviamo, senza filtri, le opere degli artisti scopriamo che sono sempre di più le cose che li avvicinano rispetto a quelle che li dividono. E’ singolare notare come molti artisti si ritrovino a produrre nello stesso periodo, quasi con sincronicità, opere molto affini. Proprio come è capitato per la recente mostra curata da Maria Laura Perilli presso la Galleria Triphè di Roma, non a caso intitolata “Empatia”.


Quale credi sia il ruolo dell’artista contemporaneo?

Penso che l’artista, oltre ogni barriera stilistica o di catalogazione, abbia il dovere di compiere il difficile esercizio di pensare con l’intelligenza del cuore, di vedere con gli occhi del cuore per spingere le persone ad osservare le cose da nuovi punti di vista.

L’artista dovrebbe aiutare a inventare il futuro; se un tempo l’artista aveva una funzione di testimonianza oggi può giocare un ruolo profetico.

Anche l’utilizzo delle nuove tecnologie può essere uno straordinario strumento di fruizione artistica. E’ qualcosa di inimmaginabile fino a poco tempo fa…volendo posso vedere un dipinto che viene realizzato da un artista a New York come a Tokyo, in tempo reale, proprio in quella infinta riproducibilità profetizzata da Warhol.

L’artista dovrebbe sempre essere lo sparigliatore di carte…una sorta di nuovo alchimista che aiuta ad aprire la porta verso l’ignoto meraviglioso…o, forse, semplicemente avere la capacità di fare diventare straordinario l’ordinario.

Hai presente quando un cane gira la testa stupito per capire qualche cosa che lo ha incuriosito? A volte quell’effetto l’arte riesce a farlo fare anche a noi…



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