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Intervistare l'arte - Fabrizia Ranelletti


Fabrizia Ranelletti perchè l'arte?

Perchè è la parte creativa dell’essere umano e come tale un capitale unico e inestimabile.

Perchè apre orizzonti altrimenti sconosciuti.

Perchè è fiamma in ogni presente.


La tua formazione è da critica d'arte, come diventi performer?

Dopo anni di teoria dell’Arte e „cattedra“, ho sentito che essere nozione e libro mi annoiava e che dovevo porre le mie questioni storiche, artistiche, esistenziali e sociali in un altro modo e, soprattutto, con altri mezzi.

L’argomento, il personaggio o il concetto, devono arrivare alle corde emozionali delle persone, per rendere l’esperienza di partecipazione una fase vitale attiva. Le mie performances, contestualizzanti e decontestualizzanti, hanno un filo conduttore di comunicazione verbale coadiuvato da gestualità corporee, dall’uso di oggetti avvaloranti concetti di base, nonché da trucchi, travestimenti e piccole installazioni. Peculiare il carattere di spontaneità, dinamismo e improvvisazione: non c’è mai un copione da seguire, c’è solo un argomento da affrontare.

Non c’è palcoscenico.

C’è provocazione, sorpresa, interazione con il pubblico, infine, graditissimi, la riflessione e il dibattito.

Tra le performances presentate alcune delle tematiche proposte nel territorio italiano, in luoghi istituzionali e non, sono state: la caccia alle streghe, il giudizio universale, l’alterità, il tempo. I personaggi trattati Joseph Beuys, Pier Paolo Pasolini, Vladimir Vladimirovič Majakovskij e Ipazia d’Alessandria in due teatri romani. Ho ideato un progetto culturale performativo sulla tematica della follia. Gli ultimi lavori sono stati sul femminicidio e sulla figura dell’artista come “luogo comune”.

In ogni performance stralcio degli “Appunti”, ovviamente istintivi e di getto.


Quali gli artisti che ti hanno cambiato la vita e perché?

La storia dell’Arte tutta dimora in me. Mi tornano frequentemente protagonisti indiscussi come Michelangelo, Caravaggio, demolitori provetti, o Gian Lorenzo Bernini, innovatore carismatico.

Parlando di contemporaneo, o pseudotale, in una figura come Joseph Beyus ho trovato delle conferme. Il concetto di trovare in sè tutto ciò che occorre per creare una „scultura sociale“, capace di plasmare, cambiare, rivoluzionare, è fondamentale nella mia riflessione artistica. Rivoluzione, Reale, Storia e Sociale sono le parole chiave sulle quali costruisco cammini, preferibilmente condivisi, con chi ha pensieri divergenti.


Nel tuo lavoro da performer hai collaborato con svariati artisti... Ci fai tre nomi e ci dici cosa ti ha lasciato ognuno di loro?

Maurizio Cesarini. Ci siamo trovati entrambi a lavorare singolarmente sulla ricerca identitaria e il concetto di alterità. Ognuno di noi ha pensato a un intervento all’interno di una performance dell’altro. C’è stata una piena sintonia e una profondità di emozioni, le vibrazioni sono arrivate al pubblico presente, in parte coinvolto. Mi ha lasciato uno spazio individuale quantomai variabile, nel suo mutare del mutare e nelle sue mai finite manifestazioni. Esperienza fondamentale.

Alberto Gallingani. Abbiamo performato due volte insieme. Una volta sul tema del tempo e un’altra volta all’interno di una mostra antologica di suoi lavori, pittorici e scultorei. Siamo convinti entrambi che „fare Arte“ è scrivere una storia del presente, ogni momento, senza sosta, senza paure, senza luoghi comuni e senza troppe lusinghe. La realtà prima di tutto. Un onore avere avuto accanto un Maestro protagonista della storia dell’Arte contemporanea e quella della seconda metà del Novecento. La sua energia inarrestabile mi rimarrà addosso per sempre.

Antonella Rizzo. Un’anima eletta. Con lei abbiamo avuto molteplici condivisioni su vari temi: caccia alle streghe, a teatro in una pièce scaturita dalla sua „Lettera immaginaria di Ipazia a Teone“, infine si è inserita, con il suo carisma, in una mia performance sui femminicidi. E‘ una poeta di carne, la sua sostanza straborda in ogni sua manifestazione, scritta o parlata. Con lei basta uno sguardo, un gesto ed entriamo immediatamente in una comunanza straordinaria. Raramente accade. Il suo segno umano mi percorre ogni giorno.


La tua arte gira intorno all'identità... ce ne parli?

Difficile parlare di qualcosa che non esiste. Forse sarebbe meglio definirla appartenenza o alterità. Siamo una moltitudine di identità sigillate che non concepiscono l’altro se non come propria proiezione e fatichiamo enormemente per concepire la nostra unicità e diversità. Finchè non riusciremo a riconoscere l’alterità, il destino umano sarà segnato. Chi ha paura dell’altro ha paura di se stesso.


Alcune delle tue performances sono interattive, perchè tale scelta?

Perchè credo nella condivisione. La partecipazione attiva in ogni aspetto umano, artistico o sociale che sia, è espressione della propria coscienza critica, la vera libertà.


Cosa vuoi comunicare e cosa vuoi suscitare attraverso la tua arte? ... Per contro cosa non vuoi né comunicare né suscitare?

Riflessione.

Stereotipi.


Quale credi sia il ruolo dell’artista contemporaneo?

Essere uomo.

Essere donna.


Sulla base della tua intensa carriera artistica, qual è il tuo “punto della situazione”?

Per rispondere a questa domanda mi affido al titolo e al breve testo che ho inserito all’interno di una delle mie ultime performances (ho tolto anche il termine performance…)


A – artista = nessun artista

Azione vitale di Fabrizia Olimpia Ranelletti

La visione del presente deve essere utopica e minoritaria. Convulsa e demolitrice.


Solo la storia si colloca.

Le categorie stancano.

I luoghi comuni stancano.

I qualunquismi stancano.

I manierismi stancano.

Autodefinirsi è grottesco.

L’horror vacui è ignobile.

Il pensiero astratto uccide.

Occorre generare una forma plastica tangibile in metamorfosi eterna. Un disegno del sociale scandito da vacuità, colme di silenziose melodie caotiche.

La sintesi è la struttura e la creatività il suo capitale. Un destino armonico e disarmonico che cambia, espandendosi, nel suo mutare del mutare.

Che l’uomo diventi un uomo, per Dio, non uno stagno di algoritmi!

Diventare essere umani è un’arte. Il vero cambiamento.

Io ne sono convinta.

Considerando il panorama artistico odierno, cosa ti sentiresti di consigliare ad un giovane artista?

Avere dubbi e vivere.




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