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Arte - Igor Imhoff - Zero


Zero è il punto di partenza ma anche di arrivo. L’ inizio di un viaggio nel tempo primordiale e la fine di un percorso nei tempi dell’uomo. Il cibo diventa “preda”, premio da ambire e da conquistare. Nulla viene lasciato al caso, l’artista costruisce la scena come il risultato di linee, di energie e di forze in una lotta continua per la sopravvivenza. Corpi che ci somigliano, ma che si presentano visivamente “alieni”, che si trasformano e diventano cellule impazzite. Ogni contatto diventa punto di rottura dalla quale generare nuova energia, “rabbia” che viene fagocitata ed assorbita. L’uomo che distrugge se stesso, che si ciba di se stesso, della parte peggiore per tentare di continuare a sopravvivere. Una riflessione, quella che ci propone l’artista, che si porta dietro diverse domande e poche risposte. Un mondo diverso, alterato, che non possiede nulla di reale. Il ricordo viene azzerato, i punti di riferimento non esistono più. Davanti ai nostri occhi si palesa un mondo irreale, che ci interroga sulla realtà della nostra esistenza, attraverso uno scontro di sensazioni che è difficile da contenere. L’alterazione visiva con la quale siamo costretti ad interagire, influenza le nostre coscienze, tutto diventa sospeso, dominato da nuove regole dove il vinto diventa vincitore e viceversa; regole alle quali facciamo per prima noi fatica ad abituarci. Un ciclo che parte da zero per ritornare a zero. Una visione utopica costruita mediante una incessante voglia di porre l’accento su una società alterata, ormai in preda al consumo e vittima del profitto.


di Roberto Sottile


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