Quante tra le migliaia e migliaia di band in ambito rock davvero propongono un “diverso” … davvero compiono una ricerca … davvero tendono ad evolversi? I Diane and the Shell appartengono a quella poco numerosa categoria che, con
dedizione, lo fa da anni. Il batterista Alex Munzone, ci racconta ...
“I Diane nascono ufficialmente in un afoso giorno estivo del lontano 1997. L’incontro tra me, Luca e Giuseppe è stato semplice in quanto abitavamo praticamente nello stesso condominio, parlando e confrontandoci constatavamo delle affinità. Ognuno di noi ha sempre avuto delle necessità interiori da esprimere, la musica la sentivamo come polvere da sparo scorrere nelle vene, ma ci mancava la scintilla per far esplodere l’ordigno, credo che sia stata più genericamente la musica dei Nirvana, Cobain si era suicidato tre annetti prima e ci sentivamo, almeno all’inizio della nostra esperienza assieme, molto vicini alle sue vicissitudini esistenziali. Da lì il passo verso l’avvicinamento al mondo del Grunge è stato breve, in tempi ridotti abbiamo approfondito le armonie e le sonorità delle band del panorama rock, aggiornandoci reciprocamente su qualsiasi cosa succedesse dall’altra parte del mondo, gli Stati Uniti. Quattro giorni alla settimana in sala prove affogavamo tra il sudore, le idee, i litigi, non solo l’alcol, ma nel 2003 siamo riusciti a pubblicare il nostro primo disco “The Red Ep” per la Edwood Records, però praticamente dopo le registrazioni ci rendemmo conto che necessitavamo di più armonie, suoni più complessi ed articolati, volevamo avere la possibilità di riempire e sperimentare con più varianti, ed una sera del 2004 ad un concerto a Catania abbiamo conosciuto Emanuele che stava dando un live con un altro gruppo, era il nostro uomo perché suonava oltre alla chitarra anche la tastiera. Furono anni in cui ci immergevamo a capofitto su tutte le idee possibili e fu così che nel 2006 nasceva il nostro secondo disco “30,000 feet Tarantella” supportato dall’etichetta Texana “Australian Cattle God Records”, e in quella parte del mondo, che ci sembrava estremamente irraggiungibile e non alla nostra portata, ci siamo arrivati per un tour di un mese fino alla partecipazione al CMJ Festival di New York. Nel 2009 dopo un tour in Sicilia assieme alla band Irlandese “Jezery”, ci risigilliamo in sala d’incisione per la registrazione del nostro terzo disco “Barabolero” uscito successivamente nel 2011 per la “Doremillaro recs” di Catania e missato alla “Soma Elettronic Music Studios” di Chigaco da John McEntire dei Tortoise. Dopo l’uscita di Luca dalla Band e l’arrivo di Antonio, stiamo attualmente lavorando al nostro quarto disco e non possiamo che andare al di là delle nuvole! … Agli inizi, per trovare il nostro sound, abbiamo provato diverse voci, ma ci accorgevamo che nella costruzione dei pezzi era come se si perdesse qualcosa, non riuscivano ad essere del tutto funzionali, quindi, con buona dose di incoscienza fanciullesca, abbiamo deciso di gettarci pienamente nello strumentale, constatando che i fraseggi e la struttura effettivamente avevano complessivamente una maggiore resa, ma per il nuovo album in tal senso ci saranno enormi novità rivalutando, se pur con moderazione, il ruolo del cantato. Per concludere … l’esperienza musicale nei Diane ha avuto diversi riflessi nelle nostre esistenze … L’indipendenza totale da ogni cliché imposto o attraversabile, la superficialità Nietzschiana, cioè quella che ti permette di vedere con ponderata distanza le cose e grazie a questo approfondirle senza esserne travolto drammaticamente, paradossalmente anche una buona dose di individualismo, infatti credo che la formula dei Diane possa avere una certa affidabilità grazie al fatto che siamo certamente un gruppo unito, ma ogni membro possiede delle visioni a sé stanti e molto personali.”
di Salvatore Cammilleri
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