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Criptica - Guido Catalano e la dissimulazione della poesia



Il gioco dell’occulto richiama le nostre intenzioni. Quanto è complesso vestirsi di parole come di versi in una poesia? Dal neorealismo alla globalizzazione … c’è nella “nuova poesia” la consapevolezza che ogni istituto stilistico possa sempre coincidere con un suffragio contenutistico ? Qual è il prezzo da pagare per ogni ipotetico passo in avanti? Quale linguaggio impiegare? Con quali registri lessicali? Con quale struttura contenere il “quadro poetico”? Dove posizionare “l’io poetico”? Quale politicizzazione far aderire al testo? Ovvero, quale anarchia? La via della semplificazione intrapresa dalla poesia italiana dagli anni ’60 ad oggi è giusta? (se mai possa considerarsi giusta la strada in parole per un libero poeta e pensatore … ). La verità, per me, è un’altra: inutile porsi domande inutili. La cultura della sperimentazione poetica vive l’era di una crisi e la “nuova poesia” si trova dinanzi ad un compito talmente vasto e periglioso da far tremare i polsi: attrarre l’attenzione di un universo di lettori spesso troppo impegnati a lasciar andare il tempo. In questo contesto, nel 1971 nasce a Torino un uomo di teatro e cabaret, un essere leggero capace di insistere e giocare con le parole richiamandone le gesta: Guido Catalano.


“s’io fossi scacco

Vorria essere lo caballo

Che di tutti i pezzi

Est lo solo

Che ti fa lo movimento strano

Inaspettato

Un poco figlio di mignotta” (…)


Ed io, immaginando quel suo sguardo serio che volge al sorriso nascosto in un piccolo dolore, come tra le righe dei suoi versi, mi posi a domandar due cose sole per ricapitolare:


Volendo osare una provocazione, se ironia è dissimulazione del significato, hai mai creduto di dissimulare il significato della poesia?

Non l'ho mai pensata in questi termini. In ogni caso sarei felice di essere ricordato come un dissimulatore poetico.

Suona bene. L'ironia è senz'altro la base della mia scrittura, ma anche della mia vita. Come l'autoironia, d'altronde.


Hai dichiarato che ancora si è alla ricerca di una definizione per i tuoi scritti, tu cosa suggeriresti?

Sono un bastardo. Nel senso buono della parola. Sono e faccio un misto di cose. Scrivo poesie che sono anche pezzi comici, che sono anche poesie d'amore, che sono anche testi teatrali, che sono anche robe di cabaret. Dunque una definizione non c'è. La stessa parola "poeta", mi fa un po' impressione ma ormai ci ho fatto l'abitudine.


Questo abbozzato “raccapricciarsi”, questo rapporto quasi fisico con l’atto poetico … quest’abbandono del canto, questo atteggiamento caldamente tagliente … l’universo letterario e teatrale di Guido Catalano si veste di “nuova poesia” e si trasforma in “nuovi versi”, dialoghi e soda caustica destando il nuovo mondo fin troppo spesso appisolato sui pulpiti di una poco dignitosa vanità.


di Annarita Borrelli

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