"Un solo essere vi manca e tutto è spopolato" (Alphonse de Lamartine).
Questa frase appare nella dedica di apertura di "Un solo essere" di Marco Montemarano. Il romanzo prende spunto da un fatto di cronaca avvenuto nel 2013 a Monaco di Baviera.
In una notte di primavera, Martin e Natalia stanno pedalando lungo il fiume che attraversa la città di Erlangen, vicino a Norimberga, improvvisamente un uomo incappucciato taglia la strada a Natalia poi la sputa, Martin l'insegue ma, come spesso accade quando la banalità folle del male s'incontra, trova la morte bagnando con il suo sangue l'asfalto.
Al di là della storia d'amore dei due ragazzi finita così tragicamente, senza alcuna spiegazione logica, l'assassino è rimasto sconosciuto, ciò che s'avverte nelle parole dell'autore è la percezione improvvisa del cambiamento della città, del luogo, vissuti diversamente in seguito al tragico fatto accaduto, smuovendo paure e memorie sopite. La rielaborazione del lutto diventa impossibile quando non si riesce a trovare una ragione, un senso che ci possa aiutare a farlo.
L'autore di questo commovente romanzo lo fa attraverso la parola scritta dando così corpo al suo dolore. "Un uomo è sempre un narratore di storie. Vive circondato dalle sue storie e dalle storie altrui, tutto quello che gli capita lo vede attraverso di esse, e cerca di vivere la sua vita come se le raccontasse. Ogni parola ha delle conseguenze ogni silenzio anche" (Sartre).
di Anna Palasciano