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Intervistare l'arte - Salvatore Cammilleri


Come ti collochi nel panorama dell’arte contemporanea e che tipo di artista sei?

Nel panorama artistico contemporaneo in realtà non mi colloco in una precisa corrente o scuola di pensiero, piuttosto amo esprimere liberamente il mio sentire in arte, libero da condizionamenti. Mi definisco un artista visivo o, come va di moda, un visual artist. Per natura assumo una visione di contrasto sulla contemporaneità, un punto di vista oltre, che affianca la capacità di rappresentarlo attraverso l’uso di tutti i mezzi che l’arte contemporanea mette a disposizione.


Che tipo di mezzi artistici ti sono più naturali e congeniali nell’uso?

La mia prima espressione artistica è stata il disegno, ma in quanto artista adoro divertirmi e quindi ho sempre usato ogni mezzo possibile come la pittura, la grafica, la fotografia, la modellazione plastica, l'installazione, la videoinstallazione, la video art fino ad arrivare alle arti performative.


Parlaci della tua poetica ...

Quando ero bambino giocavo con le mie visioni; mi estraniavano e mi spingevano a interpretarle e rappresentarle. Capitava spesso di vedere delle ali, quelle che ancora non riconoscevo con consapevolezza artistica. Nel tempo sono diventate il mezzo per raccontare a me e agli altri che esiste la possibilità di fuggire da tutti i dolori attraverso l’arte. La mia arte diventa un modo per difendere le libertà, anche se resto conscio del fatto che quasi sempre non usiamo le ali. Questa è la poetica del mio concept primario: Maiali. Credo che, seppur involontariamente, noi artisti siamo impegnati in questo contesto sociale contemporaneo e credo ancora che l’arte ci costringa ad essere “combattenti”. Per natura l'artista dovrebbe essere sempre testimone della libertà e questa é una motivazione che, forse, ci si ritrova a pagare cara. Io decido ogni giorno di essere artista nel mio quotidiano. Rinuncio ad ogni vezzo per amore dell’arte. Direi che l’Arte è come una sposa. Ma, in questo caso, non posso esserne geloso, anzi, agisco sempre al fine di creare Arte dall’Arte stessa, quella che dovrebbe condurre ai margini per creare nuove combinazioni di pensiero ed elevarsi. Ecco perché sostengo la collaborazione tra artisti e la figura dell’artista plurale.


Parlaci dei tuoi simbolismi... Nella mia arte uso tre simbolismi: le sfere, le uova e le ali. Attraverso le sfere concettualizzo e realizzo opere dedicate all’idea della nascita e della scintilla vitale, con le uova concettualizzo e realizzo opere dedicate all’idea della morte, con le ali, invece, concettualizzo e realizzo opere dedicate al percorso che va dalla vita alla morte. Fondamentalmente analizzo ciò che ogni essere umano si chiede, perché nasciamo, perché moriamo, perché viviamo … con la video installazione interattiva “PROTEIC O…” ho sviluppato negli anni l’idea di un vero e proprio rituale, in quanto l’opera invita il pubblico fruitore a farne parte spingendolo a compiere il rituale che prevede di cuocere e poi mangiare un uovo, metafora dell’uomo. Il risultato è una forma stramba di eucarestia che tende alla consapevolezza rispetto alla nostra caducità.


Nelle tue opere è chiara l’importanza che attribuisci alla luce, cosa significa per te e come ti piace usarla?

Credo che la luce sia un’ottima compagna per le mie opere perché concede valore aggiunto in termini di maggiore enfasi nell’atto del volo. Vorrei sempre che il risultato trasmettesse un’emozione. La luce rappresenta uno spiraglio, una speranza all’impossibilità di volare. Cerco sempre, come con tutti gli altri miei simbolismi, di proporla nei modi più svariati, proprio perché anche qui vivo un percorso di sperimentazione.


Da ciò che dici sembra che il tuo stato animico legato all’arte sia un’espressione “emotiva” appunto. Che significato attribuisci all’emozione e allo stupore?

Credo che senza emozione … senza stupore non potrebbe esistere neanche il concetto di vita, perché è bello emozionarsi osservando un’opera d’arte, leggendo dei versi o ascoltando la musica … non riuscirei ad immaginare un mondo senza arte o senza musica, sarebbe come un albero spoglio.


Quali sono state le tue collaborazioni o performance, più importanti?

Negli anni ho stretto svariate collaborazioni e concedo a tutte importanza proprio perché le ritengo funzionali ad un percorso di crescita. Per quanto riguarda le performances, è un linguaggio che mi ha sempre affascinato e su cui lavoro da anni coinvolgendo diversi artisti. Ultimamente con “PROTEIC O…” ho dato inizio a delle collaborazioni che si amplieranno modificandosi ed evolvendo attraverso il coinvolgimento di attori diversi


In un mondo senza limitazioni, che opera realizzeresti e perché?

Realizzerei delle ali da mettere alla statua della libertà, mi piacerebbe smorzare la sua rigidità; poi, non avendo limiti, sarebbe interessante realizzare uno shuttle, una vera e propria scultura o installazione in grado di volare: l'arte che sconfina.


Hai anche curato molti eventi. Parlaci dei più importanti.

Preferisco dire che organizzo eventi ma ad ogni modo sono davvero tanti e poi quelli più importanti sono sempre i più faticosi... Le due edizioni del festival "Estrazione/Astrazione" nel quartiere arabo di Caltanissetta; "Essenziale Certe volte sogno Altri mondi" ad Interno 14 a Roma, dieci giorni di installzioni e performancens; Le edizioni di "LEVELS art exhibition" dove si sono cimentati più artisti di nattura diversa, romani e non; "Arte da macello" al Maam un'instllazione collettiva; "GENE video art itinerante" che ogni anno ha la sua edizione.


Quale pensi sia il ruolo dell’artista contemporaneo?

Credo semplicemente che l’artista debba fare arte essendone responsabile.



© Annarita Borrelli



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