Un nuovo vento in musica, attori del cambiamento: gli Zephiro ...
Qual è la storia del vostro nome?
Zephiro è un vento che annuncia la primavera, ci piaceva l’idea della dinamica insita nel nome e il concetto di movimento portatore di novità e cambiamenti. Ricordo mi venne in mente mentre guidavo ed il suono della parola mi conquistò subito. L’uso del “ph” al posto della “f” lo ha reso difficilmente classificabile ed identificabile in un linguaggio specifico.
Musica e vita, come vi coniugate?
Tutti noi in maniera diversa ma similare viviamo la nostra vita immersi nella musica. Oltre alla ovvia fruizione di essa ed il fatto di suonare uno strumento ci sono molteplici attività che vi ruotano attorno. A volte queste possono essere anche lavorative come la composizione, la produzione artistica, la fonia, l’insegnamento di uno strumento, l’organizzazione di un evento live, lo scrivere recensioni e via dicendo. Ecco come la musica può diventare un lavoro non necessariamente legato al successo del proprio progetto artistico. Impostando in questo modo la quotidianità si vive immersi perennemente in un mondo dove l’udito la fa da padrone. Ovviamente non è mai facile e a volte, se non si hanno delle condizioni intorno che lo permettono, si è travolti da altro e ci si riduce a suonare solo come hobby saltuario.
Quali sono le influenze musicali che delineano il vostro sound?
Proveniamo da mondi, generazioni ed ambienti diversi. Ci accomuna la passione e l’interesse per la new wave in tutte le sue svariate forme dal synth pop alla dark wave passando per il post punk. Merito va dato a queste nuove band, come Interpol, Editors, White Lies e potremmo andare avanti parecchio, che da circa dieci anni hanno riportato alla luce quelle sonorità rivisitandole con nuove tecnologie. Un operazione culturale non da poco che ha fatto incuriosire le nuove generazione verso la new wave classica di fine anni ’70 e primi anni ’80. Di questo periodo ci piace citare i Sad Lovers & Giants e i The Sound, oltre al mainstream di cui potremmo fare un elenco infinito che va dai Depeche Mode maestri del suono ai The Cure dallo spessore artistico ineguagliabile, dai Psychedelic Furs dove il timbro della voce è da brivido, ai Tears For Fears da cui abbiamo appreso l’arte dell’arrangiamento.
Dove e come si proietta nel futuro la vostra musica?
Noi cerchiamo di fare questa attività di rivisitazione mantenendo però le nostre peculiarità e soprattutto la nostra madre lingua: l’italiano. Il genere della new wave è prettamente britannico e in parte americano e siamo abituati ad associarla a pronunce anglofone. L’uso dell’italiano è una sfida ed una ricchezza poiché combatte contro l’abitudinarietà dell’ascoltatore che associa questo linguaggio al pop, a Sanremo e alla melodia. E’ una opportunità di dare un nuovo suono alla parola. In passato ci sono stati dei tentativi molto validi come i primi due album dei Diaframma e i primi tre dei Litfiba. Siamo proiettati quindi in un area indefinita, cerchiamo di occupare uno spazio che non è occupato da nessuno o quasi.
di Salvatore Cammilleri