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Intervistare l'arte - Antonio Finelli



Antonio Finelli … Come diventa artista?

Sin da piccolo, sono stato influenzato da mio nonno (anche lui pittore) attraverso la sua frequentazione ho imparato a muovere i primi passi con la pittura e a conoscere l'arte.


Descrivi la tua arte con tre aggettivi.

Misteriosa, affascinante, spaventosa.


Potrebbe risultare troppo facile considerarti iperrealista, cosa c’è di più?

Mi fa piacere che mi sia stata fatta questa domanda. Nella maggior parte dei casi vengo quasi sempre catalogato come un'artista iperrealista e questa cosa a lungo andare mi infastidisce parecchio. Non nego di essere partito da un tipo di lavoro molto virtuoso e vicino alla realtà fotografica, ma dietro quel tipo di lavoro c’è sempre stata una ricerca personale. Poi come tutti gli artisti, nella propria arte avviene un mutamento. Oggi lavoro anche con altri materiali che associo al disegno, come la ceramica e il ferro. L’iperrealismo non mi rappresenta, come dicevo, cerco sempre di seguire un discorso e un filo logico legato a una ricerca del tutto personale con i miei disegni. Non sono interessato di certo a sfidare la fotografia con la matita. Il mio lavoro è sicuramente un lavoro minuzioso ma non per questo va inserito nel freddo calderone dell'iperrealismo.


Quanto e cosa c’è di te nei tuoi lavori?

Nei miei lavori c'è tutto di me, non a caso li chiamo “Autoritratti”. Questo accade quasi sempre anche con gli altri artisti e i loro lavori (ammesso che si parli di buona arte). Ogni operato dell’uomo è un autoritratto dell’individuo stesso che lo ha realizzato.

Gli incubi peggiori sono legati a i disegni che realizzo.


.. Perché la matita?

Perché è una tecnica che mi permette di entrare bene nel segno. Utilizzo matite affilate come aghi proprio per entrare il più possibile nei segni del tempo che solcano la cute dell'uomo. E poi la vita, in fondo in fondo è un po anche in bianco e nero.

Tecnica ed estetica sono due aspetti prevalenti del tuo lavoro. Mi piacerebbe che ci parlassi del tuo concept artistico di base.

Sono stato sempre affascinato dal continuo cambiamento del corpo umano nel tempo. Questa cosa mi ha sempre spinto ad indagare sulla vita degli individui con cui mi trovo a lavorare. Le loro vite, le loro esperienze, belle o brutte che siano hanno disegnato sulla pelle, nel lungo scorrere del tempo, una vera e propria cartina geografica della vita. E’ questo che io cerco di riprodurre accuratamente sui fogli di carta.


Qual è l’artista che ti ha cambiato la vita e perché?

Non nego che quando ebbi modo di conoscere Giuseppe Penone a Villa Medici a Roma, fu per me una forte emozione. Anche lui si era cimentato con un analitico lavoro di riproduzione dei segni della pelle. Anche se con motivazioni diverse, questa cosa mi ha fatto riflettere a lungo.


Qual è il tuo punto di vista sulle forme d’arte diverse dalla tua? Raccontaci cosa ti affascina e cosa non apprezzi ...

Credo che ormai c’è un enorme calderone dove diversi generi e stili di arte convivono fra di loro. Poca qualità, tanta mediocrità. Non nego però che il “concetto” legato alla “tecnica” mi incuriosisce maggiormente in confronto alla casualità e al non senso di alcune cose che si vedono in giro.


Cosa ne pensi delle collaborazioni tra artisti nel mondo dell’arte?

Credo che sia molto importante e stimolante per gli artisti avere un confronto tra loro! Purtroppo tutto ciò non avviene quasi mai perché noto che tra gli artisti non c’è mai un legame ma bensì invidia ed egoismo. Ovviamente non sempre, e non tutti gli artisti sono così. Nel mio piccolo, ho diversi amici artisti, alcuni dei quali molto bravi con cui ci si confronta amichevolmente.


Quale credi sia il ruolo dell’artista contemporaneo?

Il ruolo dell’artista contemporaneo è quello di far vedere al mondo una realtà diversa della vita. E’ come vedere un oggetto da un altro punto di vista.




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