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Sipari - Echoes



Echoes

di Giorgia Basili


Mozzafiato. Si entra nella sala e si prende il proprio posto mentre in scena le due attrici di schiena sono immerse in una scenografia deliziosamente minimal. Distribuite a formare la cornice del palcoscenico delle isole di tubi gialli, circonferenze imperfette, fuochi nevralgici nell’itinerario mnemonico e psicologico di Samira e Tillie. Al centro, un ammasso contorto di fili è illuminato da una luce fredda e violacea. Colori fluorescenti dominano un paesaggio psichedelico, stridente come le musiche dei Crayon Made Army, formazione umbra composta da Filippo Micciarelli, Fabio Marchi e Michele Rotelli. I suoni sono sciabolate che animano in uno shock compulsivo le due attrici, la cui gestualità e i movimenti ritmici sono cicatrici corporee di un incubo rielaborato sulla pelle.

Due temporalità distanti tra loro ma accomunate dal desiderio di ritrovare se stesse, in ogni situazione, dove l’altro - sesso, mentalità, corpo, ideali, violenza - cerca di divorarne la forza e l’identità. Non si tratta di una lotta di genere ma di uno sconvolgimento nel profondo delle aspettative della donna sulla vita conviviale. Echoes è una boccata d’aria fresca, che mozza il fiato. Perché? «Perché troppo spesso i temi della violenza sulle donne e del femminicidio vengono relegati allo spazio stretto della cronaca nera di un telegiornale» risponde il regista Massimo Di Michele che porta in Italia il capolavoro dell’autore inglese Henry Taylor, al Teatro India dal 19 al 29 aprile. Qui invece non c’è spazio per la cronaca nera, per i buonismi, per una critica superficiale ad una società patriarcale e maschilista. Si va decisamente a fondo, a dilaniare con lama sottile le incoerenze etiche e religiose dell’essere umano e ci si rivolge ai due poli opposti: Oriente ed Occidente, Cristianesimo e Islam, superficialità e fanatismo, giustizia e disonestà, astensionismo e partecipazione. Partendo entrambe dalla noiosissima città inglese di Ipswich nel Suffolk ma in due secoli differenti: Tillie una giovane con l’insolita passione per gli insetti (non conveniente per una damigella dell’età vittoriana) verrà data in sposa ad un ufficiale dell’esercito della Regina e finirà in Afghanistan; Samira, di fede musulmana, impiegata in un negozio di elettronica tra tappetini per il mouse e scaffali sporchi, scapperà con una sua amica per abbracciare il mondo delle “mogli della Jihad”. Catapultata - per sua scelta ma senza avere la minima idea di cosa la aspetti - tra le rovine di polvere da sparo, di gas e morbosità asfissianti della Siria, in ginocchio, devastata dalle forze militari, dall’indifferenza globale, dai falsi miti. Samira vuole solo lasciarsi alle spalle l’odore penetrante di patatine fritte, la sensazione di decrepito che si respira nell'anonima cittadina inglese. Non ci sono uomini a Ipswich! Così Tillie accetta di sposarsi con un uomo crudele che non si fa problemi a ridurre in poltiglia un vermicello trovato in un fico o il viso di un mendicante nel mercato di Kabul, colpevole di aver espresso la controparte della verità sull’Imperialismo inglese: popolazione ridotta alla fame per i prezzi applicati ai prodotti locali dagli stranieri.

Samira e Tillie, interpretate dalle bravissime Francesca Ciocchetti e Federica Rosellini, sono completamente sole, abbandonate ad un destino che non si prospetta come roseo e si ritrovano complici nel dolore pur non potendosi incrociare nella realtà, prigioniere di due epoche che hanno più che un punto in comune. La sofferenza che le soffoca viene dalla non accettazione di una condizione mortificante. Non anello debole ma forza vulcanica, desiderio di conoscersi e di lottare per un’idea di bellezza, di etica e di rispetto cosmico. Meravigliosa la chiosa: in una società in cui tutto ciò che conta è arrivare preparate alla prova bikini e sorridere dalla copertina di un rotocalco che riporta solo a pagina X due righe sui bombardamenti siriani, Tillie in un due pezzi floreale si muove in bilico, su un sentiero precario di tubi gialli, cercando di cavalcare l'onda e non perdere l’equilibrio. Dall’altra parte Samira decide di suicidarsi, recidendosi le vene dei polsi. È a terra, nuda, contempla il proprio corpo e i piedi, creatura divina o frutto terreno ma sicuramente padrona di scegliere come vivere e come morire, prima che altri impongano a cosa sia necessario credere e quando dire addio alla propria libertà. La parola araba kāfir (infedele, miscredente) si colora di un nuovo valore per Samira, ogni uomo è giudice di se stesso, delle proprie azioni, della propria integrità.

Un plauso particolare va alla performance di Federica Rossellini, peraltro vincitrice nel 2017 come attrice rivelazione (per la sua interpretazione in Dove cadono le ombre) del Nuovo Imaie Talent Award, premio vinto nel 2015 da Alessandro Borghi. La sensibilità e la capacità espressiva di questo giovane donna sono sorprendenti e colpiscono dritte al cuore.

Lo spettacolo si inserisce nel percorso di stagione Anatomia del potere, una serie di spettacoli che portano a riflettere sui cambiamenti di prospettiva e sulle trasformazioni in atto nel globo che coinvolgono, ridefiniscono, mettono in discussione il ruolo della coscienza collettiva e del pensiero individuale.





Echoes

di Henry Naylor

traduzione Enrico Luttmann e Sara Polidoro

regia Massimo Di Michele

con Francesca Ciocchetti e Federica Rosellini

elementi di scena Sara Patriarca

costumi Alessandro Lai

scrittura gestuale Francesca Zaccaria

musiche Crayon Made Army

foto di locandina Francesco Leggio

assistente volontario alla regia Dario Battaglia

realizzazione grafica di locandina Mauro Balletti


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