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Arte - Pietro Mancini - Sacronauta


Un viaggio fantastico, l’ennesima storia vera del mondo, disperso in un default … ed un volto costellato dalla luce della luna. L’opera “Sacronauta” è la traccia di una futuristica avventura. Richiama il racconto, come le litanie divine; per sette giorni e altrettante notti corremmo nell’aria per poi scorgere lontano … nello spazio … una terra vasta come un’isola splendente, sferica e illuminata da un’immensa luce. Gettammo l’ancora e sbarcammo con i piedi nel vuoto senza ossigeno né orizzonti … Di giorno era il buio … ma, sopravvenuta la notte, ci apparvero molte altre isole vicine, alcune più grandi, altre più piccole, somiglianti a fuoco nel colore, ed in basso v’era una terra ricca di città, fiumi, mari, foreste e monti. Tutti pensammo che mai e poi mai fosse la Terra conosciuta. L’opera dell’artista Pietro Mancini illumina il fragile volto di un essere celeste … un uomo bambino, innocente … sospeso … candido … occhi che vivono nel tutto, come il cielo degli uomini quando si soffermano, a mento alto, al di là delle nuvole calde che custodiscono la terra. Siamo un segno che non indica nulla, siamo senza dolore e abbiamo quasi perso la lingua in terra straniera … “Sacronauta” è un templare in fasce che ancora non conosce il sangue delle crociate … e quasi sorride armato con le prime mani riposte ai fianchi di un meraviglioso cammino di bagliori ed energie, come se fosse alle origini del mondo. La sacralità di questo universo infinito … e le fiamme del cuore che non vola oltre se stesso … e le proprie gambe trafitte nella terra. Un infante è un nuovo giorno altrove … una coppa della vita che unisce il tempo, mentre il resto danza in un incendio. Tutto è sacro, tutto ci parla … anche il volto della luna che forse non esiste … tutto ci accompagna … tutto ci protegge, come gli errori in paradiso, che si sentono come bicchieri negati alla sete. Siamo dinanzi alla mensa sacra della nave che attraversò gli infimi, uggiosi ed invisibili confini che ancora e sempre raccoglieranno le lusinghe della vita e della morte.


di Annarita Borrelli

fotografia di Maurizio Geraci

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