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Arte - Giovanni Longo “Fragile Skeletons"


La morte non oscura la vita. La poetica di Giovanni Longo è vanitas e decadence, ciclo cosmico, tempo progressivo che guarda al futuro; nasce nella natura e nelle sue devastazioni, si deforma e si agita sulle sponde dei fiumi, sulle spiagge di burrasca … discende dalla fine tendendo al riciclo nell’inizio. In una società anestetizzata, in un mondo che ospedalizza e allontana anticipando spesso la morte naturale attraverso la morte sociale, è fondamentale trovare un modo per ritornare a riflettere sul tema del sonno eterno, ricercandone un rinnovato orizzonte di senso. Non si può infatti aver paura dell'indistinto, di ciò che non si conosce … non si può temere la morte più dell’angoscia che deriva dalla sua nefasta possibilità … da quell’evenienza sempre presente, di cui ben conosciamo i segni anticipatori nella corruzione del corpo che poi culmina nella sua fine. L’artista costruisce un patibolo per le sue creature fragili realizzate in legno recuperato, poroso, alterato … e poi si adopera in un atto di riflessione e rianimazione; scheletri, rami, bastoncini … e poi l’esempio di un ironico scoiattolo rannicchiato in un gomitolo che sembra rinascere quasi dimenticando il tempo della forca, una vera e propria scultura tridimensionale. Così la morte sembra vita e la vita si osserva negli occhi. Piegandosi all’ineluttabilità della storia umana, Longo assembla le tracce di una caduca natura e poi reinterpreta l’esistenza rappresentandone il declino. La serie “Fragile Skeletons” assume le sembianze di una rinnovata ribalta, allestita con briciole e mazzi di resti rimessi e digeriti da Mater Naturae. L’arte, quindi, ancora una volta, combatte la strana tendenza a scartare la morte per eliminarla dalla vita. Le opere di Longo parlano per non mettere a tacere il pensiero.


di Annarita Borrelli


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