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Arte - Cristina Pavesi - Uva


Un grappolo d’uva e la sua caducità, che non viene più raffigurato su una tela o scolpito nel marmo, ma viene decodificato meccanicamente. Natura morta “meccanica” dove l’elemento della narrazione non viene veicolato dal segno pittorico, ma dall’osservazione elettronica. L’artista diventa compositore della scena. Il punto di osservazione diventa elemento strategico per un racconto che viene scandito dai tempi della fragilità della natura. Tempi che scorrono lentamente, che vengono velocizzati nel racconto. Il risultato è una sovrapposizione di immagini che animano il grappolo d’uva. L’artista diventa così pittrice e scultrice del tempo che diventa testimone dell’incontro tra l’immagine-materia e l’invisibile momento che regola l’estrazione, anche forzata, della natura, e la sua astrazione, che avviene, in un luogo decontestualizzato, dove l’azione del movimento diventa vibrante e vigorosa. Viene decifrato così un nuovo linguaggio interpretativo che consegna ad oggetti animati ad elementi della natura la facoltà di animarsi, di partecipare con l’aiuto dello scorrere del tempo a registrare percezioni, istanti.


di Roberto Sottile


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