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Intervistare l'arte - Piero Deggiovanni


Quale la motivazione che ti ha spinto a lavorare nel mondo dell’arte?

Probabilmente un trauma infantile. All’età di quattro anni mi costrinsero a stare seduto e immobile mentre un pittore locale mi ritraeva. Da quel momento decisi di farla pagare a tutti i pittori che avessi incontrato.


Il mondo dell’arte … amore o lavoro? Spiegaci …

Il mondo dell’arte è una cosa, l’amore per l’arte un’altra. Raramente coincidono.


Raccontaci il bello e il brutto della collaborazione con artisti con cui hai lavorato …

Ci sono persone belle e brutte in ogni ambito delle umane attività, ma il rispetto reciproco non deve mai mancare.


Quali caratteristiche deve avere un artista per poter lavorare con te?

In ogni caso, mai e poi mai, avere atteggiamenti ruffiani.


I lavori che ti hanno dato maggiori soddisfazioni e perché?

L’ultimo, in ordine di tempo, è sempre quello che dà maggiori soddisfazioni.


In un mondo senza limiti, avendo ogni tipo di possibilità, che tipo di mostra realizzeresti?

Quella che fece Jordan Belson al planetario di San Francisco nel 1957 (mio anno di nascita, tra l’altro).


Cosa pensi della scena artistica contemporanea in Italia?

Non me ne preoccupo dal 1997, da quando cioè studio esclusivamente audiovisivi e nuovi media.


Arte e vita quotidiana, arte e accademie, arte e mercato dell’arte … quali credi siano i fattori positivi innescabili all’interno di queste relazioni?

Questa non è una domanda, ma l’indice di un libro di 600 pagine. Riassumendo in uno slogan potrei affermare: “fuori il mercato dalle istituzioni accademiche e dall’Università”.


Quale credi sia il ruolo dell’artista contemporaneo?

Quello che sceglie per se stesso.


Quale credi sia il ruolo del curatore contemporaneo?

Un organizzatore di festine a tema.



© Annarita Borrelli

Immagine di copertina: Ritratto in polaroid - C.W.Aigner

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