Fugit Amor -Anselm Kiefer alla Galleria Lia Rumma di Napoli.
Nel suo ritorno alla città partenopea, l’artista tedesco Anselm Kiefer denomina la sua personale Fugit Amor riprendendo il titolo dell’opera scultorea di Auguste Rodin che compì per la Porta dell’Inferno, una rappresentazione dell’Inferno dantesco che fu esposta solo nell’Esposizione Universale di Parigi nel 1900 ma che l’artista non considerò mai conclusa e che fu gettata in bronzo solo dopo la sua morte. L’opera raffigurava due amanti che cercano disperatamente di rimanere avvinghiati l’un altro opponendosi con tutte le loro forze ad una corrente invisibile che li stava separando. Già da questo si può comprendere il concetto dell’Amore di Kiefer e come lo esprime nelle opere in varie forme e simbologie. Esso ha sempre un retroscena di defraudazione, una condizione scarnificata nella sua purezza, un tentativo di una ricerca di un antico passato stravolto da forze esterne, risuona un ritorno ad uno stato primordiale dove tutto ancora non era perduto e manteneva una condizione di profondo candore. L’opera che riprende il nome della mostra è composta da una struttura di metallo che tiene sospeso in aria un uovo, noto simbolo rinascimentale della fertilità e della creazione e che adesso simboleggia la natura femminile che stretta in una morsa o in un abbraccio da elementi di freddo acciaio, una versione rivisitata dell’unione dei due amanti di Rodin. L’analisi degli effetti che la perdita e la memoria possono lasciare sull’individuo è sempre stato un carattere distintivo nella produzione di Kiefer, frutto delle sue origini tedesche. Egli ha sempre esplorato nei sui lavori la storia antica e le conseguenze devastanti del secondo conflitto mondiale della Germania. Opera che ci mostra il suo interesse al contesto storico e politico tedesco è Morghenthau che ci illustra un evento che è stato intenzionalmente dimenticato dalla storia ufficiale. Il piano sviluppato dal ministro americano Henry Morghenthau per punire la Germania della colpa di genocidio alla fine della seconda guerra mondiale, con lo scopo di eliminare le industrie tedesche. Un serpente metallico si insinua tra cenere e altre piante di grano distruggendole. Le teche di vetro che si stanziano lungo tutta la galleria, racchiudono opere che sono intrise di elementi simbolici contrastanti che richiamano l’infanzia, il mito, eventi biblici dell’Antico e Nuovo Testamento, oggetti arrugginiti lontani dalla loro luogo d’origine come veniamo la sua personale interpretazione dell’Origine del mondo di Gustav Courbeut in cui l’apparato femminile è trasfigurato in uno strumento agricolo in ferro in cui ogni carnalità è estinta e rimane solo un ingranaggio sterile privo di qualsiasi umanità e calore. In questa visione estetica di Kiefer, si può leggere una volontà di andare all’essenza, di svestire gli elementi del superfluo per un invito alla liberazione dalla condizione materiale ed umana per ricercare una riconciliazione che va oltre la condizione storica dell’individuo. Infatti, gli oggetti vengono decomposti della loro forma dove quello che rimane è solo cenere o ricordo ma anche perché hanno oltrepassato una condizione di materialità perché quello che l’artista vuole compiere è un’elevazione verso Dio. Esemplificazione di questo concetto di vede in Sursum corda, riferimento alla frase che recita il sacerdote durante la Messa in latino prima della distribuzione dell’Eucarestia quindi nel momento culminante in cui avviene l’unione con il corpo di Cristo. È presente una scala che svetta verso l’alto per rappresentare questo percorso per entrare in congiunzione con Dio.
Proseguendo nella galleria, sono esposti singolarmente due grandi tele che occupano le intere pareti e che sono state dipinte appositamente per quelle stanze della galleria che sono rappresentazione di due personaggi che appartengono al poema epico finlandese “Kalevala” scritto da Elias Lonnrot nel 1835 “Väinämöinen verliert Aino” (Väinämöinen perde Aino) e “Aino”. Il poema narra del suicidio di Aino dopo essere stata promessa in matrimonio al vecchio Väinämöinen, il protagonista ufficiale della storia. Entrambi senza alcuna figura umani, l’ambiente diventa l’unico medium comunicativo dei personaggi continuando a mostrarci quanto questo sentimento si distacchi dalla condizione umana e che valichi la condizione di forma e materia. È presente anche una riproduzione in piccola scala delle torri dei sette palazzi celesti un’opera permanente del 2004 nata per un progetto di Lia Rumma per il museo Pirelli Hangar Bicocca di Milano, porta il nome dalle costruzioni descritte in Sefer Hechalot o “Libro dei palazzi”, trattato ebraico del IV-V secolo d.C. nel quale narra in termini simbolici, il viaggio spirituale iniziatico per l’elevazione a Dio.
Di Giulia Di Vaio